Io il cappello da alpino da qualche parte lo devo ancora avere, la penna con la nappina viola da aiutiere anche, è in una serra appesa ai sostegni di fil di ferro. L’avevo messa lì provvisoriamente una decina di anni fa.
Giustappunto mi sovviene il ricordo di quando s’è fatto ordine in qualche magazzino, e la Iso aveva già infilato il sacro copricapo nel sacco della monnezza, quando inopinatamente fu colta da un quanto mai improvvido senso di rispetto della mia volontà e mi chiese se fossi d’accordo. Le dissi di no e sbagliai.
Applicando scrupolosamente il sincretismo colloidale dell’antiemozionalità, così ben descritto da Euzebiusz Smolarek in una sua enciclica postqualcosa della quale poco importa conoscerne l’esatta datazione, non v’era e non v’è alcuna ragione di conservare una reliquia che ti ricorda un anno della tua vita di cui lo Stato s’è appropriato.
E senza darmi nulla in cambio, se non una patente C che ho usato solo una volta, e per giunta ho anche perso il carico.
Adesso fanno il raduno degli alpini a Bolzano. Sarà uno strazio, tre giorni la città chiusa, arriveranno trecentomila alpini, tre per ogni residente in città. Ma dico io, siamo nell’era telematica digitale multimediale e stielikofila, questi megaraduni non si possono fare su feisbùc?